La vita di un appassionato di tennis in Italia non deve essere stata semplice prima del 2018. L’ultimo periodo di gloria del tennis italiano è stato a cavallo degli anni 70/80. Parliamo di più di quarant’anni fa, quando Adriano Panatta vinceva i Roland Garros e gli Internazionali d’Italia e contribuiva alla vittoria della Coppa Davis da parte della Nazionale Italiana. Siamo di fronte ad un unicum al cospetto della storia del nostro tennis, almeno per quanto riguarda la parte maschile. Sicuramente ha dato più soddisfazioni il tennis femminile, specialmente nell’ultimo decennio, quando Francesca Schiavone ha vinto i Roland Garros, prima donna a riuscirci e terza italiana dopo Pietrangeli e appunto Panatta, seguita da Flavia Pennetta che ha vinto gli US Open nel 2015.
Nel 2018 arriva il primo bagliore di quello che i giornali sportivi stranieri inizieranno a chiamare “Rinascimento Italiano”. Marco Cecchinato batte in 4 set Djokovic, numero 1 del ranking ATP, e approda alle semifinali dei Roland Garros. L’allora Presidente della Fereztennis Angelo Binaghi intervistato qualche giorno dopo il match dirà: “La mia speranza è che si crei un circolo virtuoso come è accaduto qualche anno fa per le ragazze, con i successi di Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani”.
La speranza di Binaghi non è diventata, almeno per il momento, un’illusione. Mancano ancora le grandi vittorie ma la competitività dei tennisti italiani cresce vertiginosamente. Nel 2019 Fognini vince il Torneo di Montecarlo. Fognini, talentuoso tennista con l’etichetta di bad boy a causa di alcuni atteggiamenti sopra le righe in campo, rappresenta il punto di riferimento per la nuova generazione e annovera un grande come Panatta tra i suoi ammiratori. Panatta, in un’intervista al Corriere del Veneto dirà che “Nessuno ha la mano di Fabio Fognini; avesse più equilibrio dal punto di vista nervoso avrebbe vinto molto di più e sarebbe arrivato tra i primi quattro al mondo. Solo lui sa stupirmi quanto Federer.” Un paragone piuttosto pesante se ci pensiamo.
Il 2021 è probabilmente l’anno in cui l’Italia è andata più vicina ad iscrivere il proprio nome nell’albo d’oro di una delle competizioni del Grande Slam. Proprio a Wimbledon Matteo Berrettini, ad oggi il più forte tennista italiano, ha stupito tutti arrivando in finale contro Djokovic. La sconfitta in quattro set contro il numero uno al mondo è però un biglietto da visita nel circuito per far capire che anche l’Italia è tornata ad essere più che competitiva.
Berrettini, umile ragazzo romano, racconta di sé che “neanche sognava la finale a Wimbledon” e che la prima volta in cui ha vinto del denaro, 100.000 euro per essere arrivato al terzo turno dei Roland Garros nel 2018 si è quasi vergognato visto che soltanto con una racchetta aveva guadagnato in due settimane ciò che altre persone guadagnano in anni. Non una meteora, ma l’apice di un movimento che ha cominciato a tirare fuori altri talenti indiscussi che per la loro giovane età lasciano sperare che la vittoria in un Grande Slam non sia poi così lontana.
L’altoatesino Jannik Sinner è uno di quelli che sembrano nati con la racchetta in mano. Giocatore che manda un’idea diversa di sé, non un campione frutto della gavetta ma di un vero e proprio predestinato. E pensare che Sinner sarebbe anche potuto diventare altro, visto che inizialmente era considerato una grande promessa dello sci. Nel 2013 venne notato da Massimo Sartori, allenatore di Andreas Seppi e, tra gli altri, di Cecchinato e il tennis è diventato il suo sport. Sinner abbina alla tecnica una freddezza insolita per un ventenne. Un metodico perfezionista che riguarda sempre le sue partite per migliorarsi e dice di sé di non essere il tipo che va in discoteca. Un atteggiamento che non è passato inosservato a John McEnroe che ha visto in Sinner il futuro vincitore dei tornei dello Slam. Chi può di un giocatore tanto iconico quanto geniale nella sua estrosità può riconoscere il talento vero.
Da non sottovalutare la crescita ed il potenziale di altri due tennisti come Musetti e Sonego che si stanno facendo apprezzare e che lasciano intravedere dei margini di crescita.
Tutto però parte da un lavoro iniziato nel recente passato. La Federtennis dal 2015 ha riorganizzato in maniera più capillare i centri di formazione dei giovani atleti. Una spolverata doverosa ad un’impostazione delle strutture federali che ha portato via tutta la polvere accumulata negli anni che aveva impedito una crescita che in altre nazione era stata esponenziale. Un cambio di marcia doveroso per un movimento in cui l’Italia è tornata ad essere di nuovo sulle cartine geografiche degli esperti. Se siamo all’alba di una stagione di trionfi è ancora presto per dirlo, ma di certo ogni lungo viaggio parte con un piccolo passo.