SERIE A – LA LEGA PENSA AD UN TURNO DI CAMPIONATO ALL’ESTERO

Ci siamo ormai abituati negli ultimi anni a vedere eventi come la Supercoppa Italiana essere disputati non in Italia, bensì all’estero. L’ultimo caso è proprio il recentissimo Derby di Milano vinto dall’Inter sui cugini del Milan per 3-0, match che è andato in scena a Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita. Le ragioni di tale decisione sono da riscontrare da un punto di vista prettamente economico, nell’ottica di estendere il brand del calcio italiano anche in Paesi dove questo sport è ancora in via di sviluppo. Proprio seguendo questa filosofia si starebbe facendo strada, secondo La Gazzetta Dello Sport, l’ipotesi di giocare un turno del campionato di Serie A all’estero, con la Lega che starebbe seriamente valutando questa opzione.

Serie A all’estero e un nuovo format della Supercoppa Italiana

I Paesi in lizza per ospitare almeno per una giornata la nostra Serie A sarebbero proprio l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. La finale di Supercoppa Italiana andata in scena ieri ha generato introiti pari a 7,5 milioni di euro, cifra importante che potrebbe salire vertiginosamente fino a 23 milioni nel caso in cui venisse ridiscusso il format della competizione. Il modello del futuro sarebbe quello spagnolo, che prevede il disputarsi di una sorta di final four, in sostituzione alla finale secca che siamo abituati a vedere in Italia dal 1988.

Tali decisioni, qualora venissero confermate, susciterebbero probabilmente grandi polemiche nell’opinione pubblica, non solo dal punto di vista sportivo ma anche da un lato socio-politico, essendo questi Paesi parecchio discussi per quanto riguarda importanti fattori come la tutela dei diritti umani. Ma se l’esperienza dei Mondiali in Qatar ci ha insegnato qualcosa è proprio la conferma di come nel calcio gli interessi economici spesso prevalgano su tutto il resto. Ecco quindi che la prospettiva di vedere un Inter-Juventus di campionato a centinaia di chilometri dal Belpaese potrebbe davvero farsi concreta negli anni a venire.

Di Federico Buonanno

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