Ha raccontato la sua storia Ivan Zazzaroni ai microfoni del nostro canale Twicth svelando i motivi che lo hanno portato ad uscire totalmente dai social. Una storia che vale la pena essere ascoltata, perchè mette a nudo tutte le fragilità di un sistema che può portarti nel “Paradiso” della popolarità in breve tempo, ma al tempo stesso farti cadere nel baratro in un’istante.
IL CASO MIHAJLOVIC
“Sono uscito dai social 3-4 anni fa, perché sono stato riempito di insulti. Tutto è cambiato quando ebbi quell’ “infortunio” con Mihajlovic, che ci tengo a dire che è come un fratello per me. Sul Corriere scrissi 20 righe in prima pagina dove non parlavo della leucemia, ma sul finale dell’articolo dicevo che tra 2-3 giorni sarebbe tornato. Sapevo benissimo dei suoi problemi di salute è lui aveva già annunciato una conferenza stampa il giorno seguente. Il problema è stato che Sinisa non aveva avvisato i figli maschi e la mattina appena svegli sono stati riempiti di messaggi. Sinisa per questo si è molto innervosito. Io pensavo che anche altre testate avrebbero fatto l’in bocca al lupo e invece mi sono accorto di esser stato l’unico a farli. Ripeto però che non ho mai parlato di Leucemia. Alle 18, Mihajlovic ha fatto un intervento che mi ha distrutto per un mese, in cui diceva che non si rovina l’amicizia per uno scoop. Io non volevo fare assolutamente questo, anche perché rispetto gli amici. Nessuno sa che dopo un paio di giorni dopo ci mandavamo i messaggi con i cuori”.
Un racconto che evidenzia come da un’errore come ammesso dallo stesso giornalista è scattato un meccanismo per il quale su internet tutto è concesso. In questi casi la rete è spietata e dietro una tastiera si possono commettere dei gesti pericolosi come se non più di quando impugni un’arma. Ci sono dei limiti evidenti della società in cui viviamo che sono figli dell’evoluzione tecnologica come dimostrano le successive parole di Zazzaroni.
LA SHIT STORM
“Da lì è partita una “shitstorm” sui social e ho deciso di chiudere definitivamente. E non era la prima volta che mi capitava, ad esempio era già successo con il titolo “black friday” sulla partita tra Inter e Roma con Lukaku e Smalling in copertina. Dentro l’articolo c’era un pezzo in cui parlavo di entrambi come simbolo dell’anti-razzismo. Invece qualcuno da Roma ha mandato solo la prima pagina in Inghilterra ed è girata per tutto il mondo evidenziando come il Corriere dello Sport fosse un giornale razzista. Internet è un mondo che conosco e l’ho frequentato per 9 anni e ho capito che ti massacrano al minimo errore. Twitter all’inizio mi pagava attraverso gli sponsor, da quando hanno smesso non capisco perché continuare a subire offese a mia madre, ai miei figli e alla mia compagna. È un tipo di interlocuzione di cui non ho più bisogno. Per strada mi abbracciano e salutano, preferisco restare cosi. Resta il fatto che i social sono una forma di comunicazione diretta che arriva, con un linguaggio diverso, molto più di giornali e televisioni”.
Zazzaroni ha raccontato quella che è la sua verità che però fa il paio con quelle di tanti altri sventurati che, al contrario del direttore del “Corriere dello Sport”, sono rimasti schiacciati da una situazione nella quali non ci sono armi per difendersi. La rete è quel posto nel quale il sistema di giudizio è inquisitorio in cui il percorso per provare a riabilitarti è quasi impossibile. Un fenomeno che troppo spesso accade e con conseguenze a volte molto tristi. La speranza è che raccontando storie come questa le masse possano pian pian migliorare l’approccio ai social e prendere quanto di buono possono dare a livello di crescita senza andare ad alimentare quanto di marcio c’è nella natura dell’uomo.
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